A un certo punto, dovetti scegliere: Università o Flamenco? Scelsi la prima anche se il Flamenco mi mantenne durante gli studi perché cominciai a insegnarlo in alcune scuole di danza del circondario. La sera ballavo e insegnavo, durante il giorno studiavo e incanalavo la mia vita verso ciò che mi avrebbe appassionato di più negli anni futuri: la scrittura.
Eccola lì! Non starete mica pensando “era ora”, vero? Ci arrivo…
Lasciando perdere i soliti preliminari per cui vi dico che ho sempre scritto diari, pensieri e piccoli racconti di vita quotidiana, vorrei partire da un aneddoto: al Liceo, nel biennio sperimentale, c’era il professore di Chimica e Biologia che abbassava sempre i miei voti degli scritti perché diceva che le mie relazioni e le risposte nei compiti in classe erano romanzate. E già: anche quando parlavo della “mimetizzazione dei camaleonti” scrivevo un “romanzo”, a suo dire interessante, inaccettabile tuttavia ai fini della sua materia prettamente scientifica.
La tesi fu un osso duro perché io e il mio relatore scoprimmo solo quando iniziammo la collaborazione che non avevamo alcun feeling tecnico e organizzativo e questo mi tarpò le ali per un po’. Vinsero, però, la mia fantasia e la mia caparbietà e quando un giorno dovetti fare un regalo al figlio di una collega – un bimbo di sei anni – di getto mi venne in mente un racconto in rima che fu il preludio del mio terzo e grande amore: la scrittura.